
2 Dic 2019
La lotta all’Aids passa anche per la non discriminazione dei soggetti colpiti dalla malattia. In occasione della “Giornata mondiale dell’Aids”, l’Usl Umbria 1 ha reso nota nota l’attività del centro di Umbertide, l’unico a livello nazionale che tratta chirurgicamente la lipodistrofia, uno dei più temibili effetti collaterali delle cure alle quali si devono sottoporre i malati affetti da Hiv, cioè le alterazioni deformanti del viso e di tutto il corpo: la stessa ha gravi conseguenze anche dal punto di vista psicologico e sociale, in quanto rende i pazienti facilmente identificabili come malati di Aids e quindi vittime di discriminazione.
Ogni anno nel centro di Umbertide, di cui è responsabile la dott.ssa Anna Domatsoglou, arrivano circa 150 pazienti (di cui il 98% da fuori regione, grazie ai contatti con i centri di malattie infettive di tutt’Italia) per sottoporsi ai trattamenti ricostruttivi per limitare le alterazioni del viso provocate dalle cure.
I principali farmaci antiretrovirali (quelli che permettono oggi di sopravvivere all’infezione) determinano infatti delle gravissime alterazioni di diversi tessuti del corpo umano come muscoli e sottocute, cioè il tessuto fibroso ed adiposo presente in tutto il corpo, provocando due fenomeni.
Il primo è l’accumulo a livello della parete posteriore del collo e del dorso (ma anche in altri distretti) di enormi quantità di tessuto fibro-adiposo, che impedisce i movimenti e provoca alterazioni morfologiche del profilo del corpo difficilmente nascondibili.
Il secondo riguarda una marcata atrofia di tutto il tessuto muscolare e dei tessuti, per cui gli arti diventano ipotrofici con il plesso venoso superficializzato: soprattutto il viso appare profondamente scavato, con guance infossate e pelle tesa. Chiaramente un giovane che presenta questi segni viene normalmente identificato come malato di Aids ed emarginato dalla società, nonostante le cure.
Nelle strutture ospedaliere dell’Usl Umbria 1 questi pazienti, oltre ad essere sottoposti nei casi di atrofie ad asportazione delle zone di accumulo (spesso con tecnologie ultrasoniche), vanno incontro a complessi interventi di trasferimento di tessuti da una zona all’altra del loro corpo per ripristinare la loro normale morfologia, non certo a scopo estetico ma con l’unico fine di non essere discriminati come affetti da Aids ed avere un generale profondo miglioramento della loro qualità di vita.
“Vorrei ringraziare in particolar modo – spiega il dottor Marino Cordellini, direttore della Struttura complessa di Chirurgia ricostruttiva dell’Usl Umbria 1 – tutto il personale, medico e non solo che, con grande dedizione, si occupa ogni giorno di questi pazienti, in un contesto sanitario ed assistenziale estremamente delicato”.