
7 Set 2020
Le loro giornate oberate di lavoro, il debito per essere in Italia. Succede anche al nord, come nel caso di Strawberry, agricola alle porte di Milano. Spesso i lavoratori sfruttati, i migranti, vivono il caporalato, una piaga da combattere.
Accusa di caporalato. E’ stata mossa a Straberry, la startup delle fragole a km 0 che vale 7,5 milioni di euro. Azienda sotto sequestro su richiesta della Procura di Milano. I lavoratori spesso sono schiavi, che lavorano anche in turni di 9 ore, ricevendo in cambio 4,50 € a ora. La metà rispetto a quanto previsto dal contratto collettivo nazionale. Ma il caporalato, fenomeno che riguarda tutta la penisola, va ben oltre il solo sfruttamento lavorativo. Le persone che lavorano nei campi vengono sfruttate, con un meccanismo simile alle donne costrette a prostituirsi in strada.
La tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento avviene in diversi ambiti. Uno di questi è lo sfruttamento lavorativo che prevede l’impiego di persone che vengono comprate e vendute. L’obiettivo è sempre lo stesso: sfruttare il corpo della persona. Persona utilizzata in un’economia globale a scopi commerciali. Si stima che sul totale dei lavoratori sfruttati nelle campagne il 70%, fin dal momento in cui lascia il Paese d’origine, è destinato allo
sfruttamento lavorativo. Le principali nazioni di provenienza: lo stato del Punjab in India, Bangladesh, Maghreb, Marocco, Senegal, Nigeria, Gambia, Mali. Inoltre tutta l’area attinente alla Romania. In prevalenza uomini. Come avviene il reclutamento? I percorsi di arrivo in Italia sono diversi tra loro, tutto ruota attorno a due figure principali: l’intermediario e il caporale. L’intermediario appartiene ad organizzazioni criminali, più o meno istituzionalizzate, che lavorano nel Paese d’origine. Il reclutamento avviene tramite la proposta di un viaggio, l’inserimento lavorativo e l’alloggio. Il prezzo varia dai 5.000 € ai 15.000 €. Il prezzo sale quanto più è lungo il viaggio. Costa di più viaggiare in maniera sicura, con documentazione falsa e utilizzando finti ricongiungimenti familiari. Le persone che invece arrivano via mare pagano di meno il viaggio, ma a rischio della vita. Una volta arrivati in Italia, tutto passa nelle mani del caporale: in genere è una persona che risiede in Italia da molti anni, ha un permesso di soggiorno regolare, ha svolto il lavoro nei campi e ha sviluppato una forte connessione con uno o più datori di lavoro nel territorio. Lui mette in pratica lo sfruttamento lavorativo.
Spesso le persone pagano la somma prima di partire, a volte chiedono i soldi in prestito ad altre persone legate al gruppo dell’intermediario. La somma serve per il viaggio e per avere un primo alloggio, nonché il contatto dal datore di lavoro. Di solito si viene accompagnati a casa di un altro migrante: condizioni igieniche scarse e affollamento abitativo alto. Come guadagna il caporale? Soprattutto nello sfruttamento, che inizia nella gestione della quotidianità: le persone dipendono da lui per tutto. Il caporale trova un
contatto per lavorare e poi il bracciante dovrà riconoscere a lui una somma di quello che guadagna. Poi trattiene una somma per il cibo, circa 100 euro alla settimana, una somma per l’alloggio e una per lo spostamento dall’alloggio al “luogo di lavoro”. A conti fatti alla persona che lavora, sette giorni su sette, al mese restano sì e no 100 €. Quindi spesso i migranti continuano a indebitarsi. Il caporale è sempre presente sul luogo di lavoro e gestisce ritmo e velocità delle attività. Le persone sono sempre e completamente in stato di ansia, hanno paura di perdere il “lavoro”.
In tali situazioni, il caporale è vero riferimento del datore di lavoro. Gestisce i problemi, gli vengono consegnati i salari che poi distribuisce. Ha un giro d’affari che può arrivare fino agli 8.000 € al mese. Gli imprenditori a volte fanno finta di non sapere, altri forse davvero non comprendono le dinamiche che si innescano. Le loro vittime possono entrare in percorsi di comunità e accoglienza, ma pochi lo fanno. Questo perché le persone sono coinvolte in uno sfruttamento a bassa conflittualità fisica: paradossalmente a volte provano gratitudine per questi caporali. Però subiscono minaccia psicologica, di essere rimandati al Paese d’origine o di essere licenziati. Il decreto legge 286/98 prevede che queste persone possano entrare nei percorsi di protezione sociale senza necessariamente l’obbligo di denuncia. Sono in corso di realizzazione programmi di emersione, assistenza e integrazione sociale a favore di vittime di tratta e grave sfruttamento. Programmi che nascono grazie ad associazioni e sindacati, anche per contattare aziende che vogliono
assumere personale in modo regolare. Un sogno per le tante vittime di sfruttamento e caporalato, che potrebbe diventare realtà.
Michele Baldoni