
20 Set 2022
La criticità emersa dopo la conversione del Decreto Semplificazione Con la fine delle Onlus via i benefici fiscali per le attività solidaristiche
Il testo «condanna» le associazioni alla parità con gli enti commerciali. Senza modifiche diventano imponibili anche i contributi per il sociale
di LUCA DEGANI*
Con la conversione in legge del Decreto Semplificazioni la Riforma del Terzo settore sembra essere arrivata all’ultimo step necessario per la sua definitiva efficacia. Si tratta dell’ottenimento dell’approvazione della Commissione europea sulle disposizioni fiscali: con quest’ultimo passaggio si concluderà il processo di attuazione della Riforma e, tra le altre cose, si determinerà l’abrogazione della disciplina delle Onlus.
Tale esito rende palese una criticità sottesa all’intero impianto della Riforma, che causa conseguenze devastanti nei confronti di quegli enti che sino ad oggi hanno operato con qualifica di Onlus. Si assiste alla scomparsa del riconoscimento e premialità che lo Stato attribuiva a enti capaci di operare a favore dei bisogni derivanti dalle grandi fragilità, dal mondo degli anziani e dei disabili a quello della povertà e delle dipendenze.
Viene meno quel «patto» sotteso alla normativa in tema di Onlus per cui lo Stato garantiva un regime di favor fiscale sul presupposto che l’attività svolta da tali enti fosse diretta a realizzare forme di solidarietà sociale a favore di persone svantaggiate. In questi termini la Riforma è figlia di una visione parziale del complesso mondo degli enti non lucrativi, così come della storia
e dell’essenza del welfare nel nostro Paese.
Il cambiamento valoriale e di paradigma è davvero forte: scompare la meritorietà attribuita all’attività di presa in carico solidaristica del bisogno, tipica del modello di welfare storicamente esistente, mentre prende piede una visione che individua in un generico benessere della collettività il bene finale a cui deve tendere l’attività esercitata dagli Enti del Terzo settore (la cosiddetta «attività di interesse generale»). Il superamento del modello Onlus nella Riforma crea un nuovo modello di Terzo settore strutturato su due grandi macro-categorie soggettive: da una parte soggetti produttori di servizi aperti a una collettività diffusa rispetto a un’ampia gamma di attività di interesse generale, che superano di gran lunga gli interventi a favore dei bisogni espressi dai soggetti svantaggiati. In questa categoria si posizionano le imprese sociali con una forte caratterizzazione normativa per la forma cooperativistica.
Dall’altra parte vi sono gli Enti previsti dal Codice del Terzo settore in forma associativa o fondativa, peri quali l’esercizio di un’attività organizzata di gestione di servizi può «condannarli» a qualificarsi come enti commerciali, senza più alcuna dimensione fiscale di vantaggio, relegandoli a svolgere un’attività destinata a una platea indefinita di destinatari. Gli effetti di tale cambiamento, che trova conferma nelle ultime modifiche sulla fiscalità, rischiano di recare danni irreparabili alle Onlus. Per citarne alcuni: innanzitutto scompare la presunzione legale di non commercialità prevista per le Onlus riguardo all’attività solidaristica svolta a favore delle persone in stato di svantaggio, sostituita dal meccanismo per cui si attrae nell’ambito del reddito imponibile tutto quanto riconducibile ai contributi ricevuti dalle Pubbliche Amministrazioni per le attività sociali e socio sanitarie, sottoponendo all’Ires gli eventuali avanzi e impedendone l’uso sociale a fini di sviluppo delle attività.
In relazione all’Imu, le strutture nelle quali gli Enti esercitano attività sociali e sociosanitarie a favore di persone svantaggiate diverranno imponibili e saranno oggetto di pagamento di tale imposta. Gli enti che oggi godono del dimezzamento dell’imponibile sui redditi derivanti da locazioni di fabbricati o da redditi da capitale, con i quali effettuano attività benefica, vedono perdere questa agevolazione (ne è prevista la soppressione con l’entrata in vigore del Codice) e raddoppieranno i loro costi fiscali a fini Ires.
Viene stravolto il mondo delle Organizzazioni di Volontariato, non più riconosciute per la propria identità di gratuità nell’esercitare attività solidaristiche, a cui si impone l’esercizio di attività di interesse generale decise e modificabili dal Governo con finalità solidaristiche che possono avere carattere di prevalenza e non più di esclusività. Ci si dimentica delle Associazioni e delle Fondazioni, alle quali la normativa Onlus aveva riconosciuto l’apporto solidaristico ai bisogni dei soggetti fragili, confermando un protagonismo nel welfare che affonda le sue radici in quelle opere sociali perle persone in difficoltà di ispirazione cristiana. Viene dunque meno una reale sussidiarietà verticale, idonea a ricomprendere e dare priorità e favor fiscale a quegli enti che operano a favore delle fragilità.
Non resta che auspicare un ravvedimento e una correzione della Riforma del Terzo settore che superi tale dicotomia, che non realizzi in sostanza un vantaggio di alcuni enti a danno di altri e che non danneggi in maniera irreparabile la storia di migliaia di enti che hanno rappresentato l’ossatura delle politiche sociali in Italia.
*Membro del Consiglio Nazionale del Ts
Presidente Uneba Lombardia
FONTE #buonenotizie Corriere della Sera – Martedì 20 Settembre 2022